Stabilire un contatto: noi umani, lo facciamo in continuazione. Dal saluto rituale che rivolgiamo a unə vecchiə amicə, quando le mani si esplorano vicendevolmente in serie più o meno complicate di gesti codificati. Allo sguardo sgranato con cui si ritrova la frequenza giusta di un sorriso, e che, alla maniera di un salvataggio istantaneo, dissolve d’un colpo il rischio di un approccio aggressivo, anche tra completə sconosciutə. Al bacio sulla guancia, comune in Italia come in altre parti del Pianeta, nella sua funzione di stimolo quasi-erotico, che sia tra persone di diverso genere e/o orientamento sessuale o meno, o che abbia la funzione non secondaria di offrirci un assaggio olfattivo e tattile di una persona (siamo pur sempre animali!). Alle ovvie domande con cui cerchiamo non tanto di conoscere la salute del prossimə ma piuttosto di rompere l’imbarazzo iniziale dell’incontro. L’universo della comunicazione fàtica – così la chiamano linguistə e antropologə – è talmente vasto e articolato da saturare gran parte dei nostri scambi intersoggettivi e da rendere possibile ciò che consideriamo invece come il vero scopo della comunicazione: mandare un messaggio, passare l’informazione. È solo però da qualche decennio – dal 1983, in maniera esplicita – che le cose sono cambiate. Non siamo più soltanto noi umanə (e, prima di noi, tutti i viventi) a sintonizzarci istintivamente con l’altrə al fine, poi, di cominciare a parlarci, a toccarci e, al limite, persino ad amarci. Lo fanno ormai, sembrerebbe, anche le macchine. Il ping è infatti la procedura attraverso la quale i dispositivi telematici misurano il tempo di risposta delle loro connessioni reciproche. È l’invio di un pacchetto di informazioni da un dispositivo a un altro con l’unica finalità di verificare la velocità di trasmissione e quindi la pulizia del canale. Ma davvero i nostri strumenti si sono messi non solo a parlare tra di essi ma anche a scambiarsi amabilmente i convenevoli? La verità è che da quando questa operazione automatica è diventata così ingombrante, nelle nostre vite, da surrogare sempre di più e infine da intralciare i rapporti tra corpi incarnati l’uno al cospetto dell’altro, succede che cominciamo a dimenticare quanto sia indispensabile stabilire il contatto tra di noi, con gentilezza e riguardo. Succede insomma che, a furia di affidare la comunicazione alle macchine, il nostro saperci-fare con-sensuale con il prossimə tende ad atrofizzarsi e a lasciare adito a forme di interazione che precipitano sempre più facilmente nella manipolazione, nell’abuso, nello scontro. La degenerazione delle relazioni umane prepara allora l’avanzata di coloro – capitalistə e fascistə di ogni risma – che da sempre traggono profitto dal nostro isolamento. Contro questa deriva, che ognunə constata sempre di più, giorno per giorno, non c’è che un solo rimedio: tornare a frequentarci di persona, faccia a faccia, corpo a corpo, e provare poi a ragionare su quello che intorno a noi ci piace o non ci piace. Non ci resta insomma che rimetterci a PINGARE, ma alla vecchia maniera: con il cuore sulle labbra e i volti pronti a restituire l’emozione che ci tumultua nell’animo. Realizzare ancora una volta una fanzine cartacea, da consegnare di mano in mano, da diffondere come si è sempre fatto, con gli sguardi incrociati e gli odori mescolati, serve allora a riscoprirci gli uni con gli altri, nella nostra essenziale e carnale compresenza. Serve a sventare il pericolo di una comunicazione che, a furia di avere luogo solo tra algidi sistemi digitali, conduce a un’atrofizzazione dell’attitudine umana al contatto solidale. Serve a riscoprire il piacere di comunicarci qualcosa che, prima ancora di servire a qualcos’altro (e quindi di asservire l’altrə a questo qualcosa che qui ed ora ci serve), mira a squadernare quell’interregno minimale – discorsivo, sentimentale, politico – in cui due esseri possono coesistere, anche nel conflitto. Riappropriamoci allora di questa parola, “ping”, e facciamone un uso eretico! “PINGARE” potrà quindi significare, sappiatelo, tutte quelle attività che rendono una vita degna di essere vissuta: fare l’amore, fumare una canna tra amicə, cercare la verità insieme. O anche, perché no, partecipare a una rivolta, per l’ennesima volta.
PING:
stabiliamo un contatto,
prima di tutto!